33 - Sangue universale
La lingua di Erwood sul mio collo mi sta letteralmente facendo impazzire. I miei occhi sono rovesciati all'indietro dal piacere che mi sta trasmettendo il mio migliore amico.
Avevo bisogno di distrarmi un po' da tutto lo stress di questa lunga mattinata al Purgatorio, e quindi ho chiesto a Erwood di tirarmi su il morale. E sta facendo il buono: non mi ha sfiorato le labbra nemmeno una volta, e si è limitato solo a baci sul collo e a abbracci così forti da sembrare grosse fasce di ferro intorno al mio busto. Le sue mani sono praticamente legate: non ha osato toccarmi una dannatissima volta.
Lui è cosi. Educato ma sfrenato.
"Abbiamo circa mezz'ora prima che Marjoire e gli altri arrivino. Abbiamo lasciato i nostri con quei due Nephilim..."
"Non preoccuparti, Colleen. Abbiamo bisogno uno dell'altra. Gli altri se la stanno cavando alla grande."
Siamo sdraiati sul prato verde smeraldo che accosta il fiume Letè. L'odore di sangue è così forte che ogni tanto mi tasto le labbra e il naso per controllare che non ci siano perdite. Dietro di noi si erge un altissimo albero, col tronco grigio e le foglie bianche come la neve. Reiyel, l'angelo meditabondo che ci sta "tenendo d'occhio", ci ha raccontato che quest'albero è stato piantato da Axiokersos in persona e inaffiato con acqua e ceneri di ali demoniache bruciate.
Il fiato di Erwood mi riscalda dolcemente il collo, e io mi crogiolo sotto di lui. I suoi baci coprono ogni centimetro della mia pelle. I suoi occhi non sono solo senape, bensì di colori diversi, se visti da vicino: il sinistro marrone dell'autunno, il giallo di una foglia caduta, e il grigio come il vento di un mare. Entrambi sembrano vivi con domande che non si possono esprimere, come se non esistessero ancora le parole con cui inquadrarle.
Quasi nulla deve essere detto quando sai usare gli occhi, con Erwood Cascino.
Ormai ho le guance così arrossate che sembrerebbero abbronzate; e cosa mai dovrei saperne io, di abbronzatura? Noi londinesi ce la sogniamo.
"Promettimi" A ogni parola, Erwood mi lascia un bacio sulla guancia. "che... mi... dirai... tutto... e... che... non... mi... nasconderai... più... cose... del... genere."
"Promesso, Er. Promesso." Lo rassicuro, abbracciandolo ancora di più. "Comunque ti ho spiegato il perché. Er, cerca di capire."
"Sì, ho capito. Ti capisco. Non ti preoccupare, Dumbetta..."
Cavolo. Ti ha appena chiamata col soprannome di una vita! Sembra essere passata un'eternità da quando ti aveva chiamato così, sussura la classica vocine dentro il mio cuore.
Dolce, il mio Erwood, che mi ricorda sempre delle dimensioni delle mie orecchie: sono più grandi delle sue, e quindi mi ha attribuito il nomignolo di Dumbetta.
"Avete finito di riprodurvi animatamente, voi due?" La voce di Dusnatt fa sobbalzare Erwood, che chiude gli occhi e sorride, alzandosi di scatto.
"Non ci stavamo riproducendo, Dus. Avresti sentito suoni molto più..."
"Sì, d'accordo." Batto le mani, alzandomi. "Mi hai letteralmente distrutto la schiena, Er. Cavolo. La spina dorsale mi sta bruciando come non mai. Ma quanto cavolo pesi..?"
"Non temere. Questa è tutta massa muscolare, non grasso. Posso anche fumare tanto, ma non puoi negare che abbia un bel fisico."
Be', questo non glielo posso togliere. Ha pienamente ragione.
Un altro fattore buffo di tutta questa faccenda è che, nonostante i Due abbiano accordato di eliminare la razza dei Nephilim, facendoli soffrire nella crisi e nella povertà, noi ce la caviamo, permettendoci perfino l'acquisto di qualche grammo d'erba. Noi del Sud ce la caviamo sempre, questo è il nostro motto. La Macchia del Sud va sempre avanti, supera gli ostacoli che, fino a poco tempo fa, credevamo fossero posti dai Deattori (gli uomini che proteggono il Crepato, il confine delimitato dal Tamigi) e uomini potenti del Nord. Almeno questo è quello che pensavamo io e miei amici, visto che tutti avevano un'ideale comune, ovvero che la povertà e la divisione della capitale inglese c'erano sempre state, sin dall'inizio. Solo noi ricordavamo, e Marjoire non ha saputo dirmi il perché, cosa a cui non ho creduto molto: dev'esserci assolutamente qualcosa di magico che circonda me e i miei amici. Come si spiega il fatto che solo sei ragazzini possano ricordare uno degli eventi più sconcertanti della storia della razza umana?
Quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande, e nel momento in cui pongo queste domande davanti a Dio, nel mio profondo immerso nell'ignoranza, non ricevo nessuna risposta, ma è un "nessuna risposta" di tipo speciale. Non è la porta sprangata. Assomiglia piuttosto a un lungo sguardo silenzioso, e tutt'altro che indifferente. Come se Lui scuotesse il capo non in segno di rifiuto, ma per accantonare la domanda, come a dire "Zitta, bimba; tu non capisci".
Gli altri sono dall'altra parte dell'albero, crogiolati anche loro sotto i raggi di luce del cielo magico. Il prato sembra contenere milioni di brillanti, ma non è cosi: è solo la magia del posto. Le cascate accanto a noi sprofondano nel fiume Letè con eleganza e forza, rilasciando un piccolo vapore che si disperde nell'aria in secondi. Questo è il fiume in cui le anime vengono pesate, in cui vengono giudicate dal peso. Se l'anima affonda, vuol dire solo una cosa: dolore e tenebre e inferno.
Ogni nove giorni, dopo che le anime si immergono nel Fiume Letè, questo decide la destinazione, e Marjoire deve solo aprire la porta verso le due dimensioni. Funziona così: se l'anima rimane a galla sul fiume di sangue, vuol dire che è pura. Se ha dei peccati che si possono perdonare bisogna rimanere a galla per altri dieci giorni. Mentre chi ha dei peccati imperdonabili e non vuole nemmeno farsi perdonare quelli minori, allora la Salvatrice di Demoni apre loro la porta per l'inferno. Almeno così ha detto lei.
Dusnatt e Danielius sono a gambe incrociate, mentre Mariangel e Consuelo sono spaparacchiate nella vera purezza, gli occhi socchiusi, mentre parlano con i due nuovi ragazzi che mi ritrovo davanti. Loro sono due Nephilim che abbiamo conosciuto in libreria, proprio quando ce ne stavamo per andare, dopo che Dusnatt ha acceso la luce dentro il nostro cervello.
Sono dei semplici adolescenti come noi, sorridenti e spensierati. L'unica differenza è che loro sanno gestire il sangue angelico e demoniaco che scorre nelle loro vene. La ragazza, di nome Harley, è molto più alta di Erwood e porta i capelli neri raccolti in una treccia così lunga da superare il suo fondoschiena. Grazie alla forma dei suoi occhi e alle sue labbra piccole e pompate, Harley potrebbe sembrare una ragazza dolcissima, ma lui, Nolan, ci ha raccontato che lei è una delle Nephilim più sconcertanti di sempre, visto che ha messo al tappeto un Mai-Nato, una creatura demoniaca dalla pelle bianca come la neve con squarci color cremisi a rivelare pezzi di fresco tessuto muscolare.
Nolan è un pezzo di pane, seppur alquanto bislacco. Alto quanto la fidanzata, indossa una giacca di pelle nera e la massa voluminosa di capelli nerissimi gli copre quasi tutta la fronte. Una delle cose che ha in comune con lei è che ha degli inquietanti occhi neri, segno di chi pratica magia quotidianamente e fa uso di sostanze stupefacenti universali.
Ma nonostante la loro dipendenza da una droga qui chiamata Sbuffo, sono dei ragazzi del tutto a posto, e in questo preciso momento, vederli insieme, mano nella mano, mi mette in testa un unico e leggermente piacevole pensiero: forse un giorno sarò io la nuova Harley, una Nephilim ben addestrata e che si drogherà e che avrà un ragazzo.
Mi accorgo che sto pensando fin troppo quando Nolan si incammina verso di me, mi afferra il mento e mi alza la testa, costringendomi a doverlo fissare nei suoi occhi d'oscurità, di un denso e profondo buio, che ora non temo più. La paura del buio mi è rimasta finché non ci ho fatto l'amore dentro.
"Percepisco potere e paura, dentro di te, Colleen." Mi sussurra mentre con le sue due sfere nere come la pece mi studia, un'ombra di sorpresa sul suo volto. Ha le sopracciglia inarcate. "Sai, sono qui dentro da quattro anni, e in questi quattro anni ho saputo apprendere molte arti. Una di queste è saper leggere alla perfezione le emozioni altrui. Posso elencarti tutte quelle presenti nelle tue vene. Paura, confusione, eccitazione...
"Dacci un taglio, Nolan." Lo rimprovera Harley, avvicinandosi però a sua volta. Comincia a fissarmi con un'aria divertita. "A Hardblood non si fa altro che parlare di te, e di come tu abbia fatto urlare quel maledetto Principe delle Ombre. È un segno raro, unico. Chissà cosa dovrà mai temere un demone come lui da una nuova arrivata. Tu, una ragazzina che ha fatto il suo primo passo nell'Universo..." quando vede che aggrotto la fronte, si affretta a dire: "Colleen! Sto scherzando, ovviamente. Non sono così scontrosa. Suvvia con la vita. Volevo solamente testarti."
"Ah." Mi limito a dire. Dopo una ventina di secondi di puro silenzio, continuo. "E comunque, dovete ancora raccontarci quella cosa su di voi Nephilim e come..."
"Oh, sì, che sbadata!" Mi sorride e mi accarezza, un gesto che irrita Mariangel, da quanto il mio occhio riesce a catturare. "Volevi sapere quanti siamo, chi siamo, come viviamo..."
"In parole povere, sì."
"Qui siamo oltre duecento. Duecento Nephilim con cui condivido questa pura brezza. Ci sono i Nephilim che discendono da angeli, e chi da demoni. A volte possono essere direttamente dei figli. Io discendo da Valefar in persona, un Duca tutt'oggi degli inferi. Fu lui che creò il mio trisavolo. Sangue di Duca Infernale scorre nelle mie vene, mentre Nolan è discendente di Lauviah, un Angelo. Lauviah creò la generazione che oggi ha creato Nolan verso la fine del quindicesimo secolo. Poi ci sono anche i Nephilim che discendono direttamente dagli Arcangeli, ma sono molto rari: qui alla Poctilla ne abbiamo solo due, che ora sono in missione a Torino."
"Come fate a sapere chi sono i vostri angeli-e-demoni-parenti?" Chiede Erwood distendendosi sull'erba, e lo imito anche io. Una pace surreale si sta espandendo nelle mie ossa come una droga.
"C'è il test. Praticamente vai sul sito e rispondi alle domande." Se la ride Nolan sistemandosi la giacca di pelle. Harley gli rifila uno sguardo che lo fa zittire all'istante. "Scherzo, ovviamente."
"C'è un processo. Un processo che richiede poco sforzo fisico, ma una quantità assurda di sforzo mentale, Colleen." Mi risponde dolcemente Harley, mentre il bagliore del cielo le schiarisce la chioma castana. "Ma ora non parliamone. Io ho scoperto la mia vera discendenza dopo otto mesi passati qui dentro, quindi non andare di fretta."
Un pizzico di delusione mi assale. Una parte di me stava ardentemente desiderando di sapere quale fosse l'angelo o il demone che ha creato la mia generazione e che ha fatto sì che il suo sangue scorresse nelle mie vene. Purtroppo Harley è intenta ad avvolgere tutto nel mistero, proprio come Marjoire e Vectis, come tutti.
Maledetti.
"Credi di poter resistere? In fondo, questo potrebbe essere l'ultimo dei tuoi problemi." Conviene Nolan, e mentre mi guarda negli occhi, sento la spina dorsale infiammarsi, e di nuovo il suo sguardo si riempie di sorpresa, come se avesse percepito il mio dolore.
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