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Clarice è una ragazza di origini americane nata qui in Italia quindici anni fa. Vive a Milano insieme a suo padre Simone, a sua madre Zoe e al suo fratellino di quattro anni, Josh.
Crescendo, si è accorta di essere il perfetto incrocio tra i suoi genitori: occhi verdi e carnagione scura da suo padre; capelli castano ramato e naso a punta da sua madre;
Oltre a questo era una ragazza alta nella media, né magra né grassa, con molti amici e una bella vita. L'unica cosa che la distingueva dagli altri ragazzi che frequentava e che la rendeva un po' speciale era la sua più grande e unica passione: il pianoforte.
Clarice suonava dall'età di cinque anni il pianoforte a casa dei suoi nonni, ma al nono compleanno i suoi genitori le regalarono anche l'iscrizione a un corso privato che, a giudicare dal costo, era molto prestigioso. I corsi si tenevano quattro volte alla settimana per due ore o due ore e mezza a casa di Madame Charlotte, un'abile pianista che con l'avanzare dell'età decise di togliersi dalla scena.
Le faceva molto piacere andarci innanzitutto perché era una delle alunne migliori e poi perché Madame Charlotte era gentile e premurosa.
Clarice frequentava l'istituto tecnico a pochi isolati dal suo quartiere, lo stesso dove andava il suo fidanzato Tony.
Erano appena finite le pesanti lezioni del martedì e la ragazza era in autobus diretta verso casa insieme a lui, che abitava qualche palazzo più in là.
~ Com'è andata oggi? Hai recuperato chimica?~ gli chiese piegando la testa da un lato.
~ Sì, ora ho sei.~ rispose lui tranquillamente.
~ Sei?! Mi stai dicendo che ora hai sei in chimica?~ fece Clarice sbalordita, strabuzzando gli occhi.
~ Sì.~ disse ancora Tony ridendo. ~ Perché? Non credevi che potessi recuperare?~
~ Da chi hai copiato? Davide?~
~ Luca.~
~ Ah, ecco. Non puoi darmi della malfidata quando ho pienamente ragione. Non ha senso.~ disse ridendo.
~ Sono parole tue, non mie.~ rispose lui facendole l'occhiolino.
Tony frequentava la terza superiore nella scuola di Clarice. Era alto, con i capelli scuri e gli occhi castani, dal fisico robusto e parecchio suscettibile. Un po' come una bomba con la miccia accesa.
Scesero alla stessa fermata e camminarono chiacchierando fino a casa di Clarice, dove si fermarono qualche momento.
~ Hai allenamento in palestra oggi, no?~
~ Sì.~
~ Non dovresti sbrigarti, allora? La palestra dista di più rispetto al campo.~ domandò lei sorridendo lievemente.
~ Ah già, è vero...~
~ Se non ci fossi io...~ commentò roteando gli occhi, divertita.
~ ...Non so come farei.~ terminò Tony baciandola.
Si salutarono e Clarice entrò in casa dove l'attendeva un piatto di pasta da scaldare insieme all'insalata.
Mangiò tutto con calma guardando la televisione, tranquilla del fatto che avesse pochi compiti e che quindi si sarebbe goduta il pomeriggio prima di andare a lezione di piano.
Prima di sparecchiare accese la musica a tutto volume e cominciò a ballare per casa spostando piatti e pulendo bicchieri.
Non sapendo cosa fare, decise di terminare quel disegno che le stava venendo così bene; dunque prese foglio e matita e, stesa sul pavimento, terminò quello che si poteva considerare il suo primo capolavoro.
Non che fosse stanca, ma erano tutte cose che la rilassavano moltissimo. Aveva iniziato a suonare dopo che con la scuola era andata a fare una visita alla Scala; ne era rimasta affascinata e con la voglia di trovarsi davanti al pubblico, tra tutta quella seta rossa.
Riposto tutto il materiale, si stese sul divano sospirando.
Odiava i compiti, ma almeno la tenevano impegnata. Non sapeva mai come impiegare il tempo in quei periodi, perciò si ritrovava sempre sdraiata a guardare la tv.
Abbassò lo sguardo sul suo polso dove l'orologio che le aveva regalato Tony segnava le sei meno cinque.
Non avendo più voglia di starsene lì come un'ameba, preparò la borsa con cellulare, auricolari, bottiglietta e chiavi di casa e si avviò a piedi verso la casa di Madame Charlotte, nonostante di solito prendesse l'autobus. Per sua fortuna arrivò solo con dieci minuti di anticipo, così si sedette sulle scale attendendo che fossero le sei e mezza.
~ Clarice? Sei tu?~ fece una voce alle sue spalle.
Si voltò e vide Madame Charlotte che la guardava incuriosita dall'alto dei suoi 190 cemtimetri.
~ Sì. Mi scusi, ma sono venuta a piedi e sono arrivata un po' in anticipo.~
~ Oh, non fa nulla. Vieni cara, entra pure.~ le disse gentilmente accompagnando le parole con un gesto.
Lei si alzò ed entrò nella casa che ormai conosceva quasi quanto la sua.
Era arredata in ricco stile vintage, il che si adattava perfettamente alla personalità della donna.
Andò subito nell'ampio soggiorno con divano, poltrone, tavolino e tappeto e spostò lo sguardo sullo strumento color avorio sulla destra.
Senza aspettare, si sedette al pianoforte a coda; si sgranchì le dita; e cominciò a suonare la sinfonia sulla quale lavorava da diverse settimane, ovvero Al chiaro di luna di Beethoven.
~ Com'è andata a scuola, oggi?~ le chiese Madame Charlotte sedendo su una sedia poco distante da lei.
~ Oh, tutto bene. Normalmente. E lei come sta?~
~ Normalmente. Attenta, è un fa, non un mi.~ l'ammonì alzando di poco la voce.
~ Riprendi dall'inizio.~
Mentre Clarice ricominciava a suonare squillò il telefono e, per educazione, s'interruppe.
L'alta donna dai capelli biondi si alzò controvoglia e alzò la cornetta.
Non volendo sembrare una ficcanaso, la ragazza controllò le notifiche sul cellulare e rispose a qualche messaggio, giusto per mostrarsi disinteressata.
~ Clarice.~ la chiamò Madame Charlotte riponendo il telefono dopo qualche minuto di conversazione.
~ Sì?~ rispose lei mettendo via il suo.
~ Hai impegni sabato sera?~
~ No, perché?~
~ Perché ho parlato di te e del tuo talento a un mio amico e lui si chiedeva se ti andasse di esibirti alla Scala.~ disse con un fiero sorriso sulle labbra.
Clarice assunse un'espressione stupefatta, con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
"Alla scala?" pensava.
"È uno scherzo?"
~ A...alla Scala?~ balbettò.
~ Se non ne hai voglia non importa.~ disse subito la donna.
~ Lei... Lei dice sul serio? Davvero potrei esibirmi alla scala?~ chiese la ragazza mormorando.
~ Certamente.~
~ Assolutamente sì! Sì, sì, sì! Dio, non vedo l'ora!~ esclamò scattando in piedi e correndo ad abbracciate Madame Charlotte, che reagì ridendo.
~ Vuoi bere qualcosa per festeggiare?~ domandò gentilmente.
~ Grazie.~
Andarono in cucina dove bevvero due bicchieri di un drink analcolico alla fragola.
Ora la giornata brillava di una luce più bella. Le sembrava che all'improvviso qualcosa di più astratto della fortuna fosse cambiato. Non sapeva di cosa si trattasse, ma si sentiva sicura e forte; nulla di tutto ciò sarebbe cambiato. Niente di tutto ciò doveva assolutamente cambiare.
Mentre sia lei che Madame Charlotte avevano la mente nel grande teatro qualcuno bussò alla porta, riscuotendole entrambe dai loro pensieri.
Si guardarono un momento, poi la donna sia alzò dirigendosi nell'ingresso mentre Clarice finiva il suo drink.
~ Buonasera, è lei Madame Charlotte?~ chiese la voce di un ragazzo.
~ Sì, caro sono io.~
~ Mi piacerebbe sapere se è disponibile a essere la mia insegnante di pianoforte. Mi sono trasferito qui da Torino, dove prendevo lezioni e mi chiedevo se potrei continuare qui da lei.~
~ Ma certo! Vieni, entra...Come ti chiami?~ domandò mentre varcavano la soglia.
~ Andrea.~
~ Clarice, scusa cara ma ho ricevuto un nuovo studente.~
~ Non si preoccupi. Non pretendo di essere l'unica.~ rispose la ragazza sorridendo.
Osservò il novellino entrare in cucina e accomodarsi in seguito a un invito della donna. Anche lui la guardava e non dava segno di voler distogliere lo sguardo.
~ Lei è Clarice, una delle mie migliori studentesse. Clarice, lui si chiama Andrea.~ li presentò.
Si strinsero la mano salutandosi, poi ritornarono a studiarsi come prima.
~ Suoni già da un po', mi sembra di aver capito.~ disse lei.
~ Da una decina d'anni, più o meno. E tu?~
~ Sei o sette.~ rispose con un'alzata di spalle.
~ Ti sei trasferito da poco?~
~ Una settimana fa. Devo ancora ambientarmi.~
~ Che scuola fai, Clarice?~ le chiese gentilmente dopo una piccola pausa.
~ Tecnico. Tu?~
~ Non ho ancora deciso dove andare... Mi dici qualcosa della tua scuola?~
Un'idea s'insinuò nella mente della ragazza che non impiegò molto a trasformarla in qualcosa di concreto con maliziosa audacia.
~ Beh, sembra un carcere. È difficile come livello e non ci sono dei buoni elementi... Ci sono andata solo perché é la più vicina a casa mia ma non è stata una buona idea. Solo non ho voglia di cambiarla.~ mentì.
~ Fantastico! Sarà una bella sfida; io adoro le sfide.~ esclamò tutto contento.
~ Tu guarda che fortuna...~ sibilò lei a denti stretti.
~ Andrea, caro, ti va di farci sentire qualcosa? Giusto per vedere a che livello sei.~ domandò Madame Charlotte
gentilmente.
~ Certo, va bene.~ disse piano alzandosi.
Tutti e tre andarono verso il pianoforte davanti al quale si sedette Andrea.
Sia la donna che Clarice erano in attesa di udire cosa sapeva fare il novellino, che non sembrava affatto nervoso.
Scatenando lo stupore di della ragazza, Andrea iniziò a suonare la quinta sinfonia di Beethoven, che lei faticava ancora ad eseguire.
Non sbagliò neanche una nota.
Tutto, dai capelli dorati agli occhi nocciola appena socchiusi alla pelle chiara davano l'impressione che qualcuno muovesse le sue dita; che qualcuno con capacità ultraterrene controllasse il suono dello strumento tirandone fuori qualcosa di angelico.
In poche parole, fu bravissimo.
Quando terminò, Madame Charlotte esplose in un applauso agitato e piacevolmente stupefatto, saltando in piedi.
Il ragazzo sembrava leggermente imbarazzato, ma fu quell'accenno di vanità e arroganza nella sua espressione a infastidire Clarice, che era il ritratto della freddezza e dell'indifferenza.
~ Clarice! Non sarebbe fantastico se vi esibiste in coppia? Sareste stupendi!~ strillò la donna che era decisamente sovreccitata.
Con una frase, in un momento, il sogno che aveva fin da piccola si era sbriciolato senza che neanche se lo fosse goduto.
Odiava quel maledetto moccioso che si era gettato nella sua vita di punto in bianco e soprattutto nel momento meno opportuno possibile.
Accorgendosi che entrambi la stavano guardando attendendo una risposta andò in panico; mentire sulla sua scuola era una cosa, ma in quel momento era sconvolta. Non riusciva a formulare una frase completa e sensata nella sua testa, figurarsi a parole.
Finse di rispondere al telefono.
~ Mamma? Sì, dimmi...Ah, davvero? No, non c'è problema. Arrivo subito. Sì, sì, una decina di minuti. Ok...ciao.~
~ Qualcosa non va, Clarice?~ chiese gentilmente Madame Charlotte.
~ I miei si erano dimenticati di dirmi che escono a cena. Devo andare a casa prima, se voglio mangiare qualcosa.~ spiegò piattamente.
Voleva molto bene a quella donna, ma non poteva fare a meno di avercela un po' con lei. Non voleva esibirsi in coppia. Fin da piccola il suo sogno era di suonare alla Scala davanti al pubblico che l'avrebbe applaudita e elogiata, il che sarebbe stato impossibile se avesse fatto coppia con uno più bravo di lei.
~ Va bene, allora.~ disse Madame Charlotte accompagnandola alla porta.
~ Devo andare anch'io. Ho detto che sarei uscito solo per pochi minuti...~ fece Andrea seguendo Clarice.
~ Aspettate. Vi va bene se ogni pomeriggio dalle cinque alle sette venite qui per esercitarvi insieme?~
~ Direi di si.~ rispose lei.
~ Per me va benissimo.~ disse Andrea sorridendo esageratamente.
~ Ottimo. Allora buona serata, ragazzi.~
~ Anche a lei.~
~ Altrettanto e grazie mille per l'opportunità.~
Sentendo quelle parole, Clarice roteò gli occhi e fece di tutto per mostrarsi il più disgustata possibile mentre si allontanava dalla casa verso la fermata dell'autobus.
Non si rivolsero la parola nonostante stessero camminando fianco a fianco e la ragazza sperava con tutto il suo cuore spezzato che non le parlasse mai più.
Lei era troppo immersa nei suoi pensieri per notarlo. In cinque minuti aveva rovinato tutto e questo le bastava per essere così furiosa.
Giunta alla fermata si sedette su una panchina e incrociò le gambe, ma con suo stupore Andrea le si sedette accanto.
~ Non dovevi correre a casa?~ gli chiese con una smorfia antipatica.
~ Francamente preferisco l'autobus a tre chilometri di corsa. E tu?~ chiese ironico.
Clarice ruotò gli occhi e volse il viso dalla parte opposta rispetto a lui, con il broncio.
"Perché il karma mi odia così tanto? Anche lo stesso autobus!" pensò esasperata.
~ Dai, non prendertela così. Se vuoi non accetto l'offerta, sopravviverei comunque.~ disse cercando di essere gentile.
~ Non credo di aver bisogno della tua elemosina, grazie.~ rispose irritata.
~ Ma che elemosina?~
~ Ti è stata offerta una cosa che speravo da quando ero bambina e, se permetti, sentirtene parlare come se fosse robetta da niente mi infastidisce.~
~ Che sei infastidita è evidente.~ commentò lui.
~ Ascolta, non era mia intenzione farti arrabbiare. Ti va se ricominciamo?~ sospirò il ragazzo porgendole la mano.
Clarice non diede segno di averlo sentito e continuò a guardare fisso davanti a sé, decisa a non distogliere lo sguardo.
~ Per favore. Se dobbiamo passare due ore insieme ogni pomeriggio almeno sforziamoci di sopportarci.~ disse ancora avvicinando la mano tesa a quella di Clarice.
Lei lo guardò con un misto di diffidenza e leggero stupore, ma senza muoversi.
~ Andrea.~ si ripresentò lui con un leggero sorrisetto.
La ragazza studiò quel viso al meglio che poté, ma concluse che aveva ragione riguardo al sopportarsi; sarebbe stato più semplice per entrambi.
~ Clarice.~ disse stringendogli la mano.
~ Ti va se ci conosciamo meglio?~ le chiese.
~ Almeno avrò qualche asso nella manica contro di te... Prego, fa pure.~ rispose Clarice imitando il suo sorriso ma aggiungendogli un qualcosa di diabolico.
Andrea ridacchiò.
~ Sei divertente, sai? Comunque...quanti anni hai?~
~ Quindici. E tu?~
~ Diciassette.~
~ Sicuro?~
~ Certo, sicuro.~
Anche lei si sciolse in un sorriso e cominciò a dimenticarsi di quanto fosse brutta quella giornata.
~ Colore preferito?~
~ Verde e viola. E il tuo?~
~ Mmh... Un po' tutti quelli allegri.~
~ Mi aspettavo giallo e rosa fluo.~ disse Clarice ridendo.
~ Ti sembro punk, ragazza?!~
~ Buffo lo sei di sicuro.~
~ Mi chiedo dove sia finito il rispetto per quelli più grandi.~ commentò lui fingendosi scocciato.
~ Ma sta' zitto!~ rise lei dandogli un colpetto sul naso.
~ Come ti permetti?!~ esclamò Andrea cominciando a farle il solletico sulla pancia.
~ Fermati! Basta!~ strillava Clarice tentando di bloccargli le braccia.
Dopo qualche secondo di agonia, Andrea si fermò.
~ Tu sei matto...~ mormorò lei tenendo salde le braccia sulla pancia a mo' di protezione.
~ Non matto, permaloso.~ la corresse Andrea ridendo.
~ Decisamente permaloso.~ asserì.
Si alzarono contemporaneamente quando videro arrivare l'autobus in lontananza; salirono e si sedettero vicini, continuando a chicchierare.
~ Musica? Oltre alla classica, ovvio.~
~ Pop, principalmente. Ma ascolto un po' di tutto.~
~ Qual'è la tua opera classica preferita?~ chiese ancora Andrea.
~ Al chiaro di luna di Beethoven. In realtà mi piacciono tutte le opere di Beethoven.~
~ Ti ho sentita suonare. Ero già fuori dalla casa, ho capito che era quella perché ti ho sentita.~
~ Davvero?~
~ Sì. Molto brava, complimenti.~
~ Grazie tante.~
Continuarono così per un po' finché non arrivarono alla fermata di Clarice, dove si salutarono.
Entrò in casa controllando l'orologio che segnava le sette meno dieci; dunque si preparò un panino e lo mangiò in fretta, poiché tra le sette e mezza e le otto Tony sarebbe venuto a prenderla.
Era già pronta quando suonò al campanello; infatti uscì pochi secondi dopo aver risposto.
Si vedevano giusto per fare una passeggiata insieme e parlare un po'. Clarice ne approfittò per sfogarsi sull'accaduto a lezione di piano.
~ Davvero? Sul serio vuole che vi esibiate insieme? Ma è pazza?~
~ Sì, beh...è così.~
~ Ma sono certo che tu sia molto più brava di lui! Quel pivellino non merita di fare lo spettacolo con te.~ disse Tony infervorandosi.
~ Se gli ha chiesto di esibirsi è perché é bravo, non certo perché é bello...~
~ È bello?~
~ Carino... Comunque ormai è così. Non sarà un grosso problema.~
Il viso di Tony si inscurì.
~ Sì che è un problema. Tu ci stai male e non è giusto che ti rubi la scena in questo modo.~ esclamò lui fermandosi a guardarla.
Forse per il suo tono, forse per tutto quello che si stava comprimendo dentro o forse per l'invidia verso Andrea, fatto sta che le scese una lacrima sul viso.
Tony le si avvicinò subito, stringendosela al petto.
~ Non piangere, amore. Dai, sta tranquilla.~ sussurrò.
~ Scusa... Non è tanto grave da piangere, in fondo.~ rispose lei asciugandosi la guancia con un'alzata di spalle.
~ Ascolta.~ disse lui prendendola per le spalle e guardandola negli occhi.
~ Ti prometto che l'esibizione sarà solo tua, vedrai.~

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