5. Pasta-burger
Dominic
Guardai divertito la sua espressione sorpresa e seccata allo stesso tempo, ormai iniziavo a sospettare che seccata lo fosse sempre. C'è chi è sempre felice, chi è sempre triste, Ophelia era seccata, non so se lo fosse solo quando vedeva me o quando vedeva il mondo, ma io non l'avevo mai vista diversamente e dubitavo che lo avrei mai fatto.
«Ho compito di chimica alla 4°» chiarii, godendomi la sua espressione scioccata, sgranò gli occhi e batté ripetutamente le palpebre mentre realizzava quello che le stavo chiedendo.
«Tu» disse, indicandomi con sdegno. «Ti aspetti che io possa insegnarti chimica entro la 4° ora?». Sorrisi, probabilmente stava pensando che il mio cervello non avrebbe potuto farcela nemmeno in milioni di anni. Mi sottovalutava, la capivo, ma le avrei dimostrato che ero solo un genio incompreso e decisamente pigro.
«Tu sei la migliore, giusto?» chiesi retorico, alzando un sopracciglio con aria scettica. Sapevo che era così, non ne dubitavo realmente, ma lei questo non lo sapeva e non avrebbe mai permesso che qualcuno pensasse il contrario.
Fece schioccare la lingua sul palato, offesa dal mio tono dubbioso.
«Chimica, eh?» ci pensò un attimo. «Seguimi» disse poi decisa, superandomi e incamminandosi verso i corridoi a passo di marcia, io le stavo dietro tranquillamente, il mio passo era molto più ampio del suo. Raggiungemmo il suo armadietto e lei lo apri in fretta e furia, ignorando Leslie che con un'aria confusa le chiedeva cosa stesse succedendo.
Risposi io per lei: «Mi da ripetizioni lampo» dissi, mentre Ophelia sfogliava velocemente un quaderno. Leslie sembrava ancora non capire, non era sveglia come la sua amica. «L'ho convinta» le spiegai, allora il suo sguardo si illuminò per la sorpresa. Ophelia si voltò velocemente, sbattendomi il quaderno sul petto.
«Non mi hai convinta, mi hai costretta. È molto diverso» ribatté, la sua mano premeva ancora forte sul mio petto e guardando attentamente i suoi occhi si potevano vedere le fiamme dell'inferno. «Questi sono i miei appunti. Funziona così: io parlo tu ascolti, leggi, capisci, memorizzi e stai zitto», strabuzzai gli occhi, sapevo che era testarda, ma non pensavo anche aggressiva.
«Se non capisco qualcosa?» domandai.
«Cercherò di usare parole semplici, lo capirebbe un bambino delle elementari».
«Sì, ma se ho un domanda?».
«Non ne avrai. E ora muto» ordinò. Annuii e aprii il suo quaderno, all'interno le pagine a righe erano piene di appunti scritti ordinatamente, con una grafia rotondeggiante ed facilmente leggibile, alcune parole erano scritte in stampatello con una penna celeste, certe righe erano evidenziate da una sottile striscia di un evidenziatore azzurro, ogni paragrafo era segnato da un nuovo titolo e alla fine di ognuno si trovava un semplice disegno colorato leggermente con le matite. Quelli non erano solo appunti, erano la mia salvezza. Ophelia iniziò a parlare a raffica, mentre si incamminava lungo i corridoi diretta verso la sua prossima classe. Tutti i ragionamenti e le definizioni a cui avevano portato uscivano dalle sue labbra come se fosse lei stessa ad aver fatto quelle scoperte ed io riuscivo a mala pena a starle dietro grazie al suo quaderno.
Si fermò di punto in bianco ed io per poco non andai a sbattere sulla sua schiena, feci un passo indietro mentre lei si voltava verso di me porgendomi la mano e la campanella suonava la fine del breve intervallo. Guardai il quaderno, la sua mano, la porta dell'aula e poi lei, che con la sua solita aria severa mi imponeva silenziosamente di andare.
«No» rifiutai scuotendo il capo.
«Ho lezione Dominic e anche tu, dammi gli appunti e vattene» disse perentoria. Alcuni studenti ci superavano per entrare in classe, rivolgendoci qualche sguardo curioso mentre passavano. Le porsi il quaderno, ma dopo che l'ebbe afferrato esitai a lasciarlo.
«Non puoi saltarla per me?» provai ancora, ma il suo sguardo gelido rimase impassibile, il suo silenzio era più che eloquente. Sospirai e lasciai il quaderno. Ophelia si voltò ed entrò nell'aula, subito dopo di lei un ragazzo mi passò davanti, era alto e con dei disordinati riccioli biondi, mi sorrise con scherno prima di seguirla. Lo guardai confuso mentre andava a sedersi nel banco subito dietro quello di lei, le toccò la spalla con un dito, ma prima che potessi vedere la sua reazione la faccia secca e moribonda della professoressa Smith mi apparve davanti. «Va a studiare, ragazzo» mi riproverò con la sua vocina stridula e fastidiosa per poi sbattermi la porta in faccia il secondo subito dopo. Strabuzzai gli occhi, mi aveva colto di sprovvista ed era successo tutto così rapidamente che quasi non me ne ero reso conto.
«I sali sono composti che si ottengono per sostituzione parziale o totale degli ioni idrogeno della molecola di acido con uno o più ioni di metalli» ripetè Ophelia per l'ennesima volta. «Okay?» mi domandò poi. No, non era okay. La terza ora era finita e stava per suonare la campanella che avrebbe segnato l'inizio della quarta, l'ora di chimica. Sudavo freddo e non capivo niente, ero nel panico e non riuscivo a concentrarmi. La definizione era lì, scritta in stampatello e sottolineata, solo che, per quante volte la leggessi e lei la ripetesse, non mi entrava in testa. Ad ogni intervallo avevo raggiunto Ophelia al suo armadietto e lei mi aveva spiegato l'argomento del compito in pillole, definizioni essenziali e concise e alcune cose pratiche che dovevo necessariamente saper fare per poter anche solo pensare di prendere D, a detta sua almeno. Per un po' mi era sembrato di star andando bene, leggevo, capivo, memorizzavo e durante le altre ore di lezione avevo provato a fare degli esercizi per testare la parte pratica, finché, prima la Robbins e poi Casey, non mi avevano scoperto a fare chimica durante le loro ore. Ora invece non ricordavo più nulla.
«Che gli prende?» chiese Cole appena tornato dalla sua sveltina con Leslie.
«È un bambino» sbuffò Ophelia. Io non sollevai nemmeno lo sguardo verso di loro, sfogliavo freneticamente le pagine sperando che qualcosa mi entrasse in testa prima del compito.
Qualcuno prese la mia mano, le dita erano sottili e affusolate, la pelle era chiara e fredda, il suo toccò delicato, la strinse tra le sue e mi invitò con delicatezza a schiudere il pugno che avevo serrato per l'ansia che stava paralizzando il mio corpo. Io continuai a leggere cercando di non distrarmi, ma feci comunque ciò che voleva. Posò nel mio palmo una palloncino verde avvolto in una rete arancione, poi chiuse nuovamente il mio pugno su di esso. Affondai le dita nella pallina antistress piena di una strana sostanza melmosa. Mi sentii subito meglio.
«Questa ti aiuterà» sussurrò timidamente Leslie facendo un passo indietro, verso il suo ragazzo che le cinse la vita con il braccio.
«Scherziamo vero? Un giocattolo?» si lamentò Ophelia. «Non ha 3 anni» aggiunse ancora.
La campanella suonò proprio in quel momento, ebbi un tuffo al cuore e strinsi forte il palloncino verde.
«Vai campione» mi incitò Cole, si avvicinò e mi massaggiò le spalle come faceva sempre prima di una partita importante, presi un lungo respiro e poi buttai fuori tutta l'aria che avevo in corpo, cercando di ritrovare un minimo di lucidità. Davanti alla porta dell'aula, che stavo fissando intensamente come se da un momento all'altro potesse darmi le risposte di cui avevo bisogno, si piazzò Ophelia, o meglio la cima della sua chioma rossa. Abbassai lo sguardo verso di lei, aveva le braccia incrociate sotto il seno e gli occhi fiammeggianti. Quello mi aiutò a tornare in me più di quanto qualsiasi antistress o massaggio avrebbe mai potuto fare.
«Dimostrami che non ho perso tempo, Hart» disse gelida, annuii con decisione, per nulla convinto in realtà, e lei se ne andò.
«Ora vai» disse Cole, dandomi qualche leggera pacca sulle spalle.
«Ora vado» ripetei.
Presi coraggio ed entrai in classe.
Valenza dell'alluminio nel composto Al₂O₃: 3.
Numero di ossidazione dell'ossigeno nel composto OF₂: +2.
Nomenclatura IUPAC del composto HClO4: acido tetraossoclorico (VII).
Mi sembrava di non star andando troppo male.
Consegnai il compito al suono della campanella, il professore mi squadrò da capo a piedi con antipatia e scetticismo, probabilmente si chiedeva che cosa avessi da sorridere in quel modo e potevo ben capire i suoi sospetti, ma la sua opinione era l'ultimo dei miei pensieri in quel momento, sentivo di averlo fatto bene, forse avrei potuto prendere una B. Mentre uscivo dalla classe per andare in mensa mi sembrava quasi di volare e non potevo non chiedermi se fosse così che si sentiva Ophelia tutti i giorni della sua vita, ma ne dubitavo. Una persona felice come lo ero io in quel momento non avrebbe mai potuto avere sempre quell'espressione antipatica e infastidita, a meno che...
Oh, cazzo, quindi era così solo con me, ero io a darle tanto fastidio.
Dopo aver fatto onestamente la fila per il pranzo -mi sentivo una persona migliore, mossa da nuovi e più importanti valori come non rubare il posto a chi stava per essere servito -mi ritrovai davanti a Gwyneth che mi guardava con la stessa espressione sospettosa del professore di chimica.
«Hai una paralisi facciale, ragazzino?» chiese, buttando un mestolo di appiccicosa pasta al burro scaduta del mio vassoio. Scossi la testa. «Allora ti sei fumato roba buona, ti do 5$ se mi dici dove l'hai presa».
«Nemmeno. Perché me lo chiedi?» chiesi stupidamente, non riuscivo nemmeno ad essere schifato per quello che mi stava mettendo nel piatto o stupito per le sue affermazioni.
«Hai un sorriso inquietante, sembri fatto di Smilex» osservò. Non avevo idea di che cosa stesse parlando e nemmeno mi importava, poteva farsi qualsiasi droga sconosciuta e letale del mondo, ma l'unico mio pensiero era il compito di chimica. «Vuoi stare qui tutto il giorno o lasci passare gli altri?» domandò, martellando con impazienza il mestolo sui fornelli, il suono metallico mi riportò con piedi per terra, dovevo andarmene, dovevo dirlo a Cole, a Leslie e soprattutto ad Ophelia, sarebbe stata felice di sapere che non aveva sprecato tempo e io le avrei dimostrato di valere le sue attenzioni.
«Sì, giusto, hai ragione» dissi entusiasta, già scattando per andare ad informare tutti della buona notizia. Poi mi fermai e feci un passo indietro, voltandomi di nuovo verso Gwyneth, che aveva in aria a dir poco confusa. «Aspetta: tu ti droghi?» chiesi sconvolto.
Lei mi guardò truce portandosi una mano alla fronte, poi, con una voce minacciosa, disse: «Sparisci, prima che ti triti», non me lo feci ripetere due volte e corsi via.
Ophelia e Leslie non erano ancora arrivate, ma Cole era già seduto al nostro solito tavolo, con il resto della squadra e qualche cheerleader. Mi sedetti accanto a lui, facendo alzare Cher che gli stava facendo le sue solite moine. Gatta morta.
«Non indovinerai mai cosa è successo» esclamai al settimo cielo.
«Sei diventato intelligente?» mi chiese lui con sarcasmo, addentando il suo panino. Mi passai una mano tra i capelli compiaciuto.
«Modestamente» sospirai, lui rise. «Dove hai preso quel panino e cosa c'è dentro» dissi poi affamato e con l'acquolina in bocca, cambiando argomento.
Lui gli diede un altro morso e parlando a bocca piena mi spiegò che non era altro che il pane della mensa, lo aveva tagliato in due lo aveva scavato un po' all'interno per fare spazio e versarci dentro la pasta. «Ho pensato che se non vedo quello che mangio, fa meno schifo» aggiunse indicando il suo panino. La sua idea mi sembrava semplicemente geniale, tanto che seguii alla lettera tutte le sue istruzioni e creai il mio pasta-burger. Aveva ragione, faceva meno schifo.
Non appena sollevai lo sguardo dal mio pranzo, vidi Ophelia, finalmente, che con Leslie cercava un tavolo dove sedersi. A loro si avvicinò un ragazzo, alto e biondo, riconobbi facilmente quello che era entrato in classe dopo Ophelia, sedendosi proprio nel banco dietro al suo. Lui le stava vicinissimo, tanto che per poco i loro corpi non si sfioravano ad ogni respiro, ma nonostante questo lei non sembrava per nulla a disagio, sarebbe stato facile pensare che stessero insieme, se non fosse per lo sguardo truce di lei e il ghigno di lui, che la squadrava con superiorità.
Mandai giù il mio boccone e diedi un leggero colpo col gomito a Cole per attirare la sua attenzione. Studiava con Leslie da un anno e avevano iniziato ad uscire come amici già da molto prima di fidanzarsi, per questo speravo che lui potesse aiutarmi, magari lei gli aveva detto qualcosa. Lui si voltò chiedendomi cosa volessi.
«Sai chi è quello che sta parlando con Ophelia?» domandai, mentre indicavo il tipo cercando di non farmi notare da nessuno. Lui lo guardò per qualche istante poi scosse la testa e rispose di non averlo mai visto prima. Sospirai.
«Forse posso aiutarti» sibilò una vipera al mio orecchio. Mi voltai verso Piper con una faccia tanto seccata quanto sorpresa, non mi ero accorto che fosse lì quando mi ero seduto accanto a Cole e ora invece eccola che si sporgeva verso di me, con il decoltè in vista e un profumo delizioso che riportava la mia mente a tutti i piacevoli momenti che io e lei avevamo condiviso a letto insieme. Quindi adesso mi parlava di nuovo, bene. Aveva passato tutto il fine settimana ad ignorarmi, non mi aveva rivolto nemmeno un saluto alla festa di Evans il sabato sera e aveva ignorato tutte le mie storie di instagram, mentre di solito era la prima a vederle e a commentarle, qualsiasi cosa le fosse presa quel venerdì pomeriggio a casa mia, ora le era passata.
«Quell'insalata di cazzi tuoi sembra buonissima, Piper» risposi acido, l'ultima cosa che avrei fatto quel giorno era assecondare la sua luna e ritrovarmi a fare sesso con lei negli spogliatoi ancora una volta.
«Dico sul serio idiota. Non dimenticarti chi sono, io so tutto di tutti in questa scuola» disse, togliendo la sua mano dalla mia gamba. Strabuzzai gli occhi sorpreso, non avrei mai pensato che Piper potesse essere utile in modi diversi dal sesso, ma ora, mentre sul suo viso si dipingeva il ghigno inconfondibile di chi nasconde i panni sporchi di troppe persone, mi rendevo conto del contrario. Forse non era la ragazza più intelligente della scuola e di certo non sapeva nulla di chimica, ma era una pettegola delle peggiori e in quel momento era ciò di cui avevo bisogno. La studiai per qualche istante, cercando di capire quanto potessi fidarmi di lei, ma era davvero impossibile capire cosa acadesse all'interno della sua mente.
Sospirai e le chiesi ciò che avevo chiesto a Cole -tentar non nuoce-. Lei seguì con lo sguardo la direzione del mio dito e non appena individuò il biondo i suoi occhi si illuminarono.
«Perchè ti interessa?» chiese curiosa, rivolgendosi di nuovo verso di me e passandosi una mano tra i capelli. I suoi occhi blu erano così penetranti che quando mi stava così vicina, avvolgendomi con il suo profumo, mi perdevo dentro di essi. Perchè doveva essere così bella e così sbagliata?
«L'insalata di cazzi tuoi» le ricordai, dopo essere tornato in me, mi massaggiai il collo frustrato e tornai a rivolgere la mia attenzione al ragazzo, prima che lei potesse incastrami un'altra volta con uno dei suoi giochetti ipnotici.
«Come vuoi» sbuffò. «Si chiama Edward Cahalan, detto Ned, è il ragazzo più intelligente della scuola e non scherzo, probabilmente entrerà ad Harvard o all'MIT, una di queste università per secchioni comunque. Questo, in aggiunta alla sua bellezza, lo rende uno dei ragazzi più desiderati di tutta la scuola, peccato che lui non ritenga nessuna alla sua altezza. E' snob e presuntuoso oltre ogni immaginazione, pensa di essere al di sopra di tutti, colpa dei genitori adottivi che l'anno cresciuto per essere il migliore» spifferò veloce. Poi, quando ormai credevo che avesse finito, aggiunse: «Oh, piccolo bonus: ci sa davvero fare a letto, parlo per esperienza personale. Qualsiasi ragazza dovrebbe considerarsi fortunata se riuscisse ad averlo per più di una notte», ora che aveva concluso per davvero, un gigante sorriso illuminava il suo volto, raccontare in giro i cazzi altrui era una cosa che la faceva stare fin troppo bene, ecco perchè sapevo di dover stare attento nel parlare con lei.
«Genitori adottivi?» chiesi incuriosito.
«I suoi sono morti quando aveva 4 anni» mormorò con dispiacere.
«Quindi ha anche una storia strappalacrime, grandioso» commentai a voce alta. Quelle parole erano sfuggite dalla mia bocca prima che me ne rendessi conto, non lo pensavo nemmeno davvero, era troppo cinico per me. Eppure, mentre parlava con Ophelia, non riuscivo a non pensare a quanto le storie tristi facessero impazzire le ragazze e, non sapevo perché, questo mi dava fastidio.
«Be', Dom, anche la tua storia lo è» aggiunse lei, non potevo darle torto.
«Ned è un nome da nerd» commentai poi scettico, assottigliando lo sguardo sulla sua figura alta e slanciata per distrarmi dal commento di Piper, prima che potesse rovinarmi l'umore.
«Nerd sexy» rispose lei, guardandolo a sua volta mentre si mordeva il labbro inferiore. Poi si ricompose, si voltò verso di me ed incrociò le braccia sotto il seno. «Ora che ti ho aiutato perchè non ricambi e mi dici chi è questa misteriosa Ophelia» disse, sbattendo le lunghe ciglia, ma ovviamente non gliene avrei parlato.
«Prima hai detto che sai tutto di tutti, o sbaglio?» dissi vago, prendendo il mio panino alla pasta scaduta e alzandomi. Ned sonotroppofigo Cahalan se ne era finalmente andato e io dovevo dare la buona notizia ad Ophelia.
«Certo, delle persone che contano» mi spiegò lei, prima che me ne andassi, scostandosi i capelli da una spalla e atteggiandosi da gran dama. Le misi una mano sulla spalla e la fissai per qualche breve istante negli occhi, dovevo rimetterla al suo posto.
«Cara Piper: sono io a decidere chi conta e chi no» dissi gelido e quasi minaccioso, lei deglutii a disagio e seppi che le cose erano chiare. Non mi piaceva fare lo stronzo della situazione o comportarmi come ogni cosa in quella scuola fosse sotto il mio controllo, ma che mi piacesse o meno le cose stavano così e Piper non doveva dimenticarsene.
Poi me ne andai e corsi da Ophelia.
Quando la chiamai, lei si voltò più nervosa che mai e Leslie mi guardò preoccupata per la mia vita. Avevo scelto il momento peggiore per andare vantarmi.
Mi schiarii la voce imbarazzato e dissi: «Volevo soltanto informarti che il compito di chimica é andato bene. Come vedi non sono stupido quanto credi» dissi, dando un morso al mio pasta-burger. Quando sono nervoso, mangio. Lei incrociò le braccia sotto il seno e mi guardò come se volesse uccidermi, non l'avevo mai vista così incazzata.
«Cos'é quello?» chiese indicando il panino con un cenno del capo . Non lo capii subito, ma a quella domanda non dovevo dare la risposta giusta, solo che quando me ne accorsi avevo già descritto la geniale idea di Cole. «Hai ragione, Dominic: lo sei anche di più» disse fredda. Alzò gli occhi al cielo e se ne andò senza aggiungere altro. Strinsi forte il palloncino verde che per tutto quel tempo avevo tenuto in tasca e sperai che questo bastasse ad allentare la tensione che sentivo in tutto il corpo.
Leslie aveva un'espressione sinceramente mortificata, mentre mi guardava.
«Stasera io e Lee Lee andiamo da Poppy's, vieni con noi?» chiese Cole spuntando da dietro le mie spalle e cingendo la vita della sua ragazza. Più che un invito, sembrava una proposta di aiuto e anche se non mi sentivo molto in vena di uscire, mi costrinsi ad accettare.
«Ci vediamo lì» sbuffai, prima di andarmene buttando con rabbia il pasta-burger nel cestino più vicino.
Pensavo che ad Ophelia avrebbe fatto piacere sapere che non ero un totale fallimento, ma lei mi aveva semplicemente sputato sopra, aveva sputato sopra di me ed i miei sforzi per migliorarmi.
Mi giudicava, ma lei non sapeva assolutamente niente di me.
Dovevo sfogarmi.
Avevo bisogno di Piper.
Autrice: scusate se pubblico solo ora, ero in vacanza senza internet e sono appena tornata.
Spero che il capitolo vi piaccia 💕
Ho due domande per voi:
🍪 Vi piacciono i capitoli così lunghi o dovrei farli più corti?
🍪Che avete fatto di bello quest'estate? Se siete partite ditemi dove, sono curiosa.
(Per ogni risposta vincete un biscotto).
Baci,
-LaBugiarda 💕
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